Contributo di licenziamento (Riforma Fornero)

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Nella riforma del mercato del Lavoro, in vigore da mercoledì 18 Luglio 2012, voluta dal governo Monti e firmata da Elsa Fornero, tocca anche le badanti e le colf. O meglio, le famiglie che si avvalgono dell'aiuto di una collaboratrice domestica per pulire la casa, accudire un anziano, curare i figli piccoli. L'obiettivo di tale riforma di fondo e quello di contrastare le cosiddette "dimissioni in bianco", ma che di certo fa si che questo aggravio dovuto continua ad appesantire, e non di poco, la tasca dei datori di lavoro: infatti, il provvedimento prevede un "contributo di licenziamento" che può arrivare fino a 1.451,40 euro che è dovuto anche in caso di cessazione del rapporto per "giusta causa".

Soldi che andranno a finanziare l'Aspi e la mini-Aspi, cioè le due assicurazioni sociali per l'impiego che dal 1 gennaio 2013 hanno sostituito l'indennità di disoccupazione. La somma si calcola considerando 483,80 euro per ogni anno di anzianità lavorativa e in ogni caso non si possono conteggiare più di tre anni.  Il calcolo è lo stesso sia che la colf o badante lavori 24 ore al giorno, sia che lavori un paio d'ore alla settimana.

 

In ogni modo la nuova legge, che regola anche gli stessi lavoratori domestici, prevede, a livello preventivo, la procedura di convalida della richiesta di dimissioni del lavoratore e/o della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, con due modalita' diverse in base al tipo di lavoratore e precisamente:

1. per le dimissioni di lavoratrici in gravidanza o madri durante i primi 3 anni di vita del bambino o , in caso di adozione/affidamento, durante i primi tre anni di accoglienza del minore, è prevista la convalida dll'atto di fronte al servizio ispettivo del ministero del lavoro e delle politiche sociali o dai centri per l'impiego.

2. per le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro di tutti i lavoratori ci sono due modalità di validazione.

- La prima consiste  nella convalidazione, dopo la presentazione delle dimissioni o dopo aver sottoscritto la risoluzione consensuale,  presso la direzione territoriale del lavoro o centro per l'impiego o sedi individuate dai contratti collettivi nazionali.

- La seconda, invece, consiste nella sottoscrizione da parte  del lavoratore di apposita dichirazione apposta in calce alla comunicazione di cessazione, che lo stesso datore di lavoro è tenuto ad inoltrare all'INPS, per i collaboratori domestici, entro cinque giorni.

In base a questa regolamentazione il datore entro 30 giorni dalle dimissioni o dalla risoluzione consensuale è tenuto ad invitare il lavoratore a presentarsi presso la direzione territoriale del lavoro o il centro per l'impiego per la convalida, oppure, ad invitare il lavoratore a sottoscrivere la dichiarazione sulla comunicazione di cessazione.

Il lavoratore entro 7 giorni può:

- aderire all'invito formulato;

- non aderire all'invito; in questo caso il rapporto di lavoro si ritiene legittimamente risolto

- revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale; nell'arco dei sette giorni (anche durante il periodo di preavviso) il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale mediante comunicazione scritta. In questo caso il contratto di lavoro torna ad avere il suo normale corso dal giorno successivo alla comunicazione di revoca, senza diritto retributivo qualora in tale periodo non sia stata svolta prestazione lavorativa.